CIBARTE - La rappresentazione del Cibo nella Storia dell'arte
Autore
Caravaggio |
Data
1594/1598 |
|
Tecnica
olio su tela |
Dimensioni
47×62 cm |
Ubicazione
Pinacoteca
Ambrosiana, Milano |
L'opera mostra una canestra definita con precisione analitica e quasi fiamminga negli incastri del vimini, all'interno della quale ci sono frutti e foglie di ogni genere. La natura morta è assunta a soggetto protagonista, tanto quanto lo sarebbe stato un eroe della mitologia in un quadro di storia. Il canestro sporge impercettibilmente in avanti nel suo tangibile realismo tridimensionale (che si contrappone allo sfondo bidimensionale), come fosse in una situazione precaria, creando un colpo d'occhio che attrae lo spettatore moderno nell'immediato[: questa tendenza, così come la presentazione di frutti bacati o intaccati dalle malattie, simboleggia la "vanitas" dell'esistenza umana, ovvero il richiamo alla caducità della vita, un bene effimero destinato a svanire nel tempo. Si tratta in realtà di un sipario decontestualizzato, quasi sottratto dal suo reale contesto naturale; anche il realismo è soltanto apparente, poiché sono rappresentati insieme frutti di stagioni diverse.
Il cesto di vimini è rappresentato come se si trovasse in alto rispetto allo sguardo di un ipotetico spettatore, come se fosse posto su di una tavola da cui dà l'impressione di sporgere lievemente. La scelta di questo taglio permette alla composizione di far emergere la natura morta attraverso l'uso di uno sfondo chiaro, uniforme e luminoso; la luce sembra provenire da una fonte naturale e svela le gradazioni di colore che differenziano gli acini verdi in primo piano e quelli già molto maturi nel grappolo posto dietro la mela bacata (che simboleggia la precarietà delle cose e il trascorrere del tempo), creando un effetto illusionistico di tridimensionalità dell'immagine. La frutta diventa la protagonista del quadro e acquista un significato ambiguo: all'apparenza fresca e fragrante ma, facendo attenzione, comincia in realtà a marcire, a rinsecchirsi. L'artista paragona così la brevità della giovinezza e dell'esistenza umana alla maturazione della frutta e dei fiori. Una canestra di vimini contenente frutta, prima della fiscella di Caravaggio, è possibile rinvenirla in un'opera di Perin del Vaga e di Giovanni da Udine, nella Madonna del Gruccione Indiano della Galleria Borghese; il bellissimo dipinto della cesta, dopo il restauro del 2007, mostra un precedente importante dell'opera del Merisi, realizzato intorno agli anni'30 del XVI secolo, prima delle opere di Vincenzo Campi, come la Fruttivendola del 1580, che mostra la ricca varietà e abbondanza di frutti e del Piatto di Pesche di Ambrogio Ficino databile al 1599c che mostra un insieme di frutti integri e ben resi evidenti e godibili dalla luce che ne rivela l'intaccabilità nel tempo e che dunque sono un'allegoria visiva del tema della vanitas ( opere queste ultime due probabilmente note al Caravaggio)[. L'associazione della prima canestra all'immagine della Madonna con Bambino potrebbe essere sia un riferimento agli xenia romani, i frutti offerti come omaggio agli ospiti secondo Plinio ( un riferimento che possiamo trovare anche nel Giovane con canestro di frutta di Caravaggio ), ma stante il tema religioso la cesta ricolma di frutti ( ciliegie, pesche, pere e mele ) può rappresentare il valore della provvidenza divina secondo quanto ne dice S. Ambrogio nel xv cap. dell' Hexameron, inoltre la cesta è associata, sempre secondo S. Ambrogio, alla Madonna: come Mosè è stato trovato in una cesta di Vimini, così la Madonna offre il frutto di sé, Gesù, all'umanità . Secondo Maurizio Calvesi nella fiscella i frutti sarebbero legati alla simbologia cristologica. Le nature morte secondo questa tradizione erano due: una legata al culto mariano, sul tipo di quella innanzi detta ed una legata a Cristo. Inoltre la figura del cesto nel Cantico dei Cantici è il simbolo della sposa, ossia della Chiesa: lo sporgere in avanti della cesta verso lo spettatore sarebbe dunque un segno di offerta di sé nei confronti dell'umanità. Va detto del rapporto simbolico che, nello stesso contesto figurativo si attua fra la figura sacra e gli elementi naturali ( animati o no ), come è palese nella tradizione iconografica e come si può rinvenire nell'opera di Perin del Vaga e Giovanni da Udine, dove i simboli sono rafforzati anche dalla presenza del libro con passi biblici, dall'immagine pensierosa della Vergine, dal lino candido ripiegato che rivela i frutti nella cesta[ ; questo rapporto simbolico non sembra, seguendo le pertinenti osservazioni di Ferdinando Bologna, si attui invece nella figurazione autonoma della natura morta della fiscella un'operazione di simbolismo cristologico che potesse fornire al Borromeo una giustificazione morale all'immagine[: egli non vi vede simbolismi né li ritiene prioritari per un'opera d'arte figurativa, ma mostra particolare interesse e piacere per l'imitazione del naturale, per una finzione capace di proiettarlo, in una specie di privato paradiso terrestre e in questo servivano bene le opere paesaggistiche, gli amati dipinti di fiori di Giovanni Brueghel presenti all'Ambrosiana[. Ed in questo senso si attuava pienamente quell'interesse per l'illusionismo ( il richiamo all'aneddoto raccontato da Plinio sull'uva dipinta da Zeusi i cui acini erano così verosimili che gli uccelli ingannati venivano a beccare gli acini ) , per la mimesi classicista di cui era permeata la cultura artistica del tempo.
Come detto non era comune, all'epoca, vedere un soggetto simile ed in questo Caravaggio è veramente iniziatore ed innovatore del concetto di natura morta, preso nella sua unicità e naturalezza ed elevato al rango di una qualunque pittura di storia (motivo che sta alla base di molte critiche che vennero mosse al pittore): ecco infatti che quando il modello del Bacco degli Uffizi se ne va, a lavoro ultimato, sul tavolo permangono i residui della messa in scena, dai bicchieri, alla frutta, alla mosca che salta sulla pera tagliata[.
Fu proprio il marchese Vincenzo Giustiniani, che aveva redatto una lista dei generi pittorici suddivisa in dodici livelli (ponendo la natura morta solo al quinto posto), a ricordare in una lettera al Borromeo come "il Caravaggio disse che tanta manifattura gli era fare un quadro buono di fiori come di figure"[. La Canestra riesce ad eliminare la distinzione rinascimentale che vedeva agli opposti margini l'elevatezza della natura umana e l'"inferior natura" che veniva dipinta per svago e personale sollazzo.
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Vertumno (Ritratto
dell'imperatore Rodolfo II),1590
Creatore di apparati effimeri per feste e spettacoli e procacciatore di opere d’arte per le collezioni imperiali, Giuseppe Arcimboldi fu soprattutto famoso per i suoi ritratti caricaturali in cui le fattezze sono composte da un insieme di ortaggi, frutti, fiori, ma anche conchiglie, pesci o pezzi di carta, un genere che ebbe grande successo perché rinnovava con ironia le nature morte di origine nordica. Lavorò per Massimiliano II a Vienna, dal 1526, e poi per Rodolfo II a Praga, e anche quando lasciò la corte asburgica per tornare in Italia, continuò ad inviare opere a Praga. Tra queste è il celebre ritratto di Rodolfo II come Vertumno (1590), dio latino delle mutazioni periodiche e delle stagioni ,dotato del dono di trasformarsi nel tempo e nello spazio (il nome deriva dal latino vertere, ”cambiare”), a simboleggiare le capacità dell’imperatore di rinnovare attraverso il suo buon governo la perduta età dell’oro. Ogni fiore, frutto o verdura è assolutamente realistico e tangibile, mentre il risultato d’insieme appare stravagante e innaturale, fantastico. E’ l’essenza del Manierismo, nell’arte come nella poesia: combinare elementi naturali o tratti da una tradizione autorevole e classica per ottenere un’opera nuova, eterogenea, cerebrale e marcatamente artefatta.
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